Litigi familiari e PdA

È possibile che a causa di un litigio familiare si venga sottoposti a sequestro delle armi legalmente detenute e della licenza venatoria appena conseguita? Il decreto penale di condanna puo' in qualche modo essere di ostacolo al riottenimento della stessa?

Risposta a cura dell'Avv. Adele Morelli

Non essendo stato specificato nel quesito la/le fattispecie di reato per le quali si sarebbe stati iscritti nel registro degli indagati (si presume a seguito di querela da parte dei familiari con cui si è in contestazione), la risposta avrà un contenuto generale.

La proposizione di querela avverso un determinato soggetto oppure la sua denuncia hanno come effetto pressoché immediato (qualora ci sia un minimo di parvenza di attribuibilità dei fatti denunciati al soggetto predetto, art. 335 c.p.p.) l'iscrizione dello stesso nel registro degli indagati, a cui fa seguito l'annotazione nell’archivio del Centro Elaborazione Dati del Sistema Informativo Interforze del Ministero dell’Interno; quindi, se il soggetto è titolare di porto d'armi e/o detiene armi, della querela o denuncia viene data notizia alla Questura e alla Prefettura, le quali, ciascuna per le proprie competenze, potranno in via cautelativa adottare provvedimenti di sospensione del titolo o divieto di detenzione, fino all'esito delle indagini e/o dell'eventuale giudizio penale (artt. 10, 11, 39 e 43 TULPS) in ragione delle fattispecie di reato contestate all'indagato (talora il titolo viene sospeso anche per una semplice querela per ingiuria!). Specificamente, la Questura sarà competente ad adottare provvedimenti di sospensione della licenza di porto d'armi e la Prefettura potrà intervenire con un decreto di divieto di detenzione armi, concedendo un breve termine (di solito alcuni giorni) al destinatario per liberarsi delle armi cedendole ad altre persone titolate a riceverle, scaduto il quale le armi verrebbero confiscate e versate alla competente Direzione di Artiglieria per la loro distruzione (art. 6 L. n. 152/1975), fatta eccezione per le armi antiche ed artistiche, le quali non possono essere distrutte senza il preventivo consenso di un esperto all’uopo nominato dal sovrintendente per le gallerie territorialmente competente, e per le armi riconosciute di interesse storico e artistico, le quali in ogni caso vengono destinate alle raccolte pubbliche indicate dalla predetta sovrintendenza per le gallerie. Tali provvedimenti possono essere adottati, come detto, in via cautelativa, e sono il frutto di valutazioni discrezionali da parte dell'autorità di Pubblica Sicurezza, la quale, in funzione della gravità e della natura delle fattispecie di reato contestate all'indagato, può ritenere che lo stesso non abbia più i requisiti della buona condotta e dell’affidamento di non abusare delle armi (artt. 10, 11, 39 e 43 TULPS), i quali requisiti sono imprescindibili ai fini della titolarità del porto d'armi o anche solo della legale detenzione di armi e fanno sì che la condotta di chi possiede o usa armi debba per forza di cose essere maggiormente qualificata ed irreprensibile, data la pericolosità degli strumenti dei quali gli è stata concessa la detenzione o l'uso (il massimo rigore usato da questure e prefetture si fonda sulla circostanza per cui l'arma è un oggetto per naturale attitudine deputato all'offesa, pertanto chi è stato autorizzato alla sua detenzione o uso deve tenere sempre una condotta irreprensibile). In ogni caso, il soggetto destinatario di un provvedimento di sospensione del porto d'armi o di divieto di detenzione armi potrà fornire documenti e depositare memorie difensive nel proprio interesse presso l'ufficio competente nel termine di dieci giorni da quando gli è stato notificato il provvedimento (artt. 7 e 8 L. n. 241/1990) e, qualora ritenesse infondati i presupposti alla base dell'emanazione del provvedimento, proporre ricorso al TAR entro sessanta giorni dalla sua notifica.

Successivamente, in caso di decreto penale di condanna o sentenza di condanna, le conseguenze di carattere amministrativo per la titolarità del porto d’armi (sospensione, diniego o nei casi più gravi revoca) e per la detenzione delle armi (divieto di detenzione) possono compiersi immediatamente dopo la sua pronuncia oppure in sede di rinnovo, trattandosi di scelta rimessa alla discrezionalità dell’Autorità di Pubblica Sicurezza e condizionata alla velocità con cui i dati vengono trasmessi appunto agli uffici di Questura e Prefettura. Anche in questo caso, l'interessato potrà depositare documenti e memorie difensive nel proprio interesse all'ufficio che ha emesso il provvedimento entro dieci giorni dalla notifica ed eventualmente proporre ricorso al TAR entro sessanta giorni dalla notifica.

Come già evidenziato, non essendo state specificate le fattispecie di reato contestate, non può prevedersi se una eventuale condanna sarebbe definitivamente ostativa al conseguimento del titolo oppure il decorso del tempo (da qualche mese a qualche anno) potrebbe poi consentire di riacquisire la titolarità delle predette autorizzazioni di polizia.

Avv. Adele Morelli

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