Reato di atti persecutori e autorizzazioni di Polizia

In caso di ammonimento del Questore per ingiurie rivolte tramite SMS la licenza di porto d'armi uso caccia verrebbe automaticamente e immediatamente sospesa e le armi confiscate? Il giudizio a seguito di querela sporta per il medesimo reato (atti persecutori) è di competenza del Tribunale o del GdP? In caso di condanna, il pagamento dell'ammenda estingue completamente e a tutti gli effetti il reato di cui sopra? Quanto deciso dal giudice verrebbe comunque annotato nel database del Ministero dell'Interno? Con quali conseguenze, immediate o in fase di rinnovo della licenza? E per la detenzione?

Risposta a cura dell'Avv. Adele Morelli

L’ammonimento del Questore è rimedio previsto dall’art. 8 della L. n. 38/2009, a tenore del quale il soggetto presunta vittima del reato di atti persecutori (c.d. stalking, reato previsto dall’art. 612-bis c.p.), può, prima della proposizione della querela, rivolgersi all’autorità di Pubblica Sicurezza ed esporre i fatti chiedendo al Questore di ammonire oralmente il presunto autore della condotta di cui lo stesso richiedente sarebbe destinatario/persona offesa. Il questore, assunte le necessarie informazioni e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, provvede all’ammonimento del soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, e “valuta l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni” (art. 8, co. 2, L. n. 38/209), ossia può valutare l’opportunità di sospendere le licenze di polizia di cui il soggetto ammonito è titolare. La sospensione della licenza di porto d’armi (nel caso di specie uso caccia) pertanto non opera automaticamente congiuntamente all’ammonimento, poiché è il risultato di una valutazione discrezionale del Questore, tuttavia è altamente probabile che ciò avvenga, poiché la tendenza degli uffici di Pubblica Sicurezza è di ritenere che la condotta (presunta) dello stalking faccia venir meno in capo al soggetto ammonito i requisiti della buona condotta e dell’affidamento di non abusare delle armi (artt. 10, 11 e 43 TULPS), i quali sono imprescindibili ai fini della titolarità di una licenza di polizia.

Per quanto riguarda la sorte delle armi detenute, la competenza è in capo al Prefetto (art. 39 TULPS), il quale, informato dal Questore del provvedimento di ammonimento, può, egualmente in via discrezionale, valutare se adottare o meno il provvedimento di divieto di detenzione armi nei confronti del soggetto ammonito, ed anche in questo caso si ritiene sia altamente probabile che il Prefetto disponga il divieto di detenzione delle armi, per i motivi anzidetti; qualora venisse emesso un provvedimento di divieto di detenzione di armi, il Prefetto concederebbe un breve termine (di solito alcuni giorni) al destinatario per liberarsi delle armi cedendole ad altre persone titolate a riceverle, scaduto il quale le armi verrebbero confiscate e versate alla competente Direzione di Artiglieria per la loro distruzione (art. 6 L. n. 152/1975), fatta eccezione per le armi antiche ed artistiche, le quali non possono essere distrutte senza il preventivo consenso di un esperto all’uopo nominato dal sovrintendente per le gallerie territorialmente competente, e per le armi riconosciute di interesse storico e artistico, le quali in ogni caso vengono destinate alle raccolte pubbliche indicate dalla predetta sovrintendenza per le gallerie. 

Il reato di atti persecutori di cui all’art. 612-bis c.p. è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e la pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso con armi. Trattasi pertanto di delitto, la cui competenza a decidere è in capo al Tribunale Monocratico del luogo ove è stato commesso il reato. Come detto, tale reato è punito con la reclusione, pertanto la pena inflitta è di tipo restrittivo della libertà personale e non di natura economica (come sarebbe invece l’ammenda, che però è pena prevista per la contravvenzione, ossia i reati di gravità minore rispetto ai delitti).

Non appena la persona offesa sporge querela ed il  querelato viene iscritto nel registro degli indagati, la notizia di reato per la fattispecie di atti persecutori viene annotata nell’archivio del Centro Elaborazione Dati del Sistema Informativo Interforze del Ministero dell’interno; successivamente all’emanazione della sentenza, i dati originari vengono aggiornati, tuttavia la prassi dell’aggiornamento dei dati d’ufficio si verifica sempre nel caso di pronuncia di condanna e quasi mai nel caso di pronuncia di proscioglimento, per cui in questo secondo caso è onere dell’interessato destinatario della sentenza chiedere al CED del Ministero dell’interno l’aggiornamento dei suoi dati. In caso di sentenza di condanna, le conseguenze di carattere amministrativo per la titolarità del porto d’armi (sospensione o nei casi più gravi revoca) e per la detenzione delle armi (divieto di detenzione) possono compiersi immediatamente dopo la sua pronuncia oppure in sede di rinnovo, trattandosi di scelta rimessa alla discrezionalità dell’Autorità di Pubblica Sicurezza e condizionata alla velocità con cui i dati vengono trasmessi appunto agli uffici di Questura e Prefettura. Come già evidenziato, si fa notare che una condanna alla reclusione per il reato di atti persecutori ex art. 612-bis c.p. è altamente probabile che faccia ritenere da parte degli uffici di Questura e Prefettura il venir meno in capo all’interessato dei requisiti di buona condotta e affidamento di non abusare delle armi, e venga quindi utilizzata quale motivazione per adottare provvedimenti rispettivamente di sospensione del porto d’armi, o di divieto di detenzione della armi; il decorso del tempo (da qualche mese a qualche anno) potrà poi consentire di riacquisire la titolarità delle predette autorizzazioni di polizia.

Avv. Adele Morelli

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